Riflessioni sulle attività svolte durante l'anno
scolastico
9 ottobre 2018 Partecipazione al Corteo
cittadino “Diritto alla mobilità: liberi di
restare, liberi di emigrare”
MOBILITÀ: NON UN’INVASIONE, MA
UN DIRITTO
di Giampaolo Sisto
Abbiamo aspettato con ansia questo momento, fremevamo di gioia i giorni prima
del corteo, e sono stati proprio questi i più significativi di tutto il
percorso basato sull’accoglienza e sul rispetto. C’è chi ha portato ricerche,
chi invece ha raccolto articoli di giornale.
Con la Prof. Del Coco abbiamo visto il film “Terraferma”, con la
partecipazione di Beppe Fiorello, molto impegnato in questo tema di
immigrazione, e altri attori molto espressivi. Il film narra la storia di una
famiglia che vive in un’isola dell’arcipelago delle Pelagie e che si ritrova ad
accogliere una famiglia africana, arrivata clandestiamente, tra cui una donna
incinta stuprata da uno scafista. La Guardia di Finanza, venutane a conoscenza,
sequestra il peschereccio con cui il nonno e il nipote lavorano, pescando e
portando i turisti in giro per la costa. Un giorno si imbattono in un barcone
di migranti e, per il fatto di averli salvati, vengono accusati del reato
di immigrazione clandestina, ma loro non si arrendono e li portano in Sicilia,
da dove avrebbero dovuto risalire tutta l’Italia fino a Torino.
Questo stupendo e struggente film è un po’ l’emblema di un’Italia dove la
gente ha paura di accogliere per non aver problemi con la giustizia. Il film
spiega non solo la realtà di questi bambini che molte volte, se fortunati,
arrivano sulle nostre coste da soli, denutriti, ma anche la storia di molte
donne che scappano dal loro paese, dalla guerra, dal proprio “marito” sposato a
10/11 anni e che sono costrette a subire abusi sessuali per “sopravvivere”!
Con la professoressa abbiamo letto alcuni articoli della “Dichiarazione
Universale dei diritti dell’uomo”, della “Costituzione italiana” e di altre
importanti dichiarazioni. Ognuno di noi ha fatto delle ricerche anche sul tema
del caporalato, una “razza padrona”, diffusa da nord a sud, che distrugge
l’economia e la società. Gli ultimi dati riferiscono che in Italia sono 400
mila le persone vittime di caporalato e di queste l’80% sono immigrati.
Il sociologo e gastronomo Carlo Petrini, attraverso un aricolo di giornale
letto in classe, ci ha fatto riflettere sulla nostra complicità, perchè
vogliamo prezzi sempre più bassi. Carlo Petrini spiega come le grandi
distribuzioni organizzzate (g.d.o.) svolgano un’asta a “doppio ribasso” durante
la quale, i proprietari decidono di abbassare i prezzi dei prodotti, provocando
un effetto domino catastrofico. Infatti, i proprietari, in seguito, si rifanno
sui rifornitori che, a loro volta, si rifanno sui produttori delle materie
prime che abbassano lo stipendo dei salariati, provocando questo grave
fenomeno. Abbiamo anche letto la storia di Paola Clemente, morta in un campo
mentre lavorava, e gli articoli di cronaca sulla strage dei “cappellini rossi”,
ovvero dei lavoratori morti negli incidenti automobilstici vicino Foggia.
Grazie a questo lungo percorso siamo arrivati al giorno della
manifestazione più che preparati, e abbiamo sfilato in tutta la città
consapevoli di quello per cui stavamo manifestando. Nel pomeriggio abbiamo
assistito ad un incontro che si è tenuto nella “Biblioteca comunale”. Due
interventi sono stati molto signifacitivi: quello della presidentessa nazionale
nazionale dello “SPRAR”, che ho parlato del migrante percepito come un
“mostro”, un “nemico”; quello di un immigrato che ha discusso su come lo studio
ci apra al mondo, perchè è vero che studio e conoscenza sono la chiave del
mondo. Nel corso dell’incontro è stato proiettato il cortometraggio “Intrecci” che
traccia un ritratto di alcune donne migranti, ospiti del Cas di Brindisi.
Questo percorso per me, spero anche per tutti i miei
compagni, è stato molto formativo, perchè fin dalla tenera età è importante
riflettere su questo fenomeno. E questa immigrazione non è una forma di
invasione, ma è proprio lo scambio ideologico e culturale che rende ricco un
popolo, una nazione, una città.
“Diritto alla mobilità”
di Greta Manelli
Queste
persone sbarcano sulle nostre coste, ci sarà un motivo...
Vivono in
paesi di guerra o di povertà e le loro famiglie cercano di dar loro l’ultima
possibilità; attraversando il deserto, alcuni anche per mesi, in questo lungo
tragitto donne e bambini vengono violentati; finchè poi arriveranno in Libia,
dove prenderanno quei grandi barconi su cui persone, come fossero animali,
vengono ammassati l’un l’altro, nonostante paghino fino a mille euro ai
mercanti di uomini.
In questo
tragitto in mare, molte persone cadono e muoiono e si va avanti, qualcuno su
quei barconi soffre, non solo per fame, ma perchè, magari, è morto il proprio
figlio, fratello o amico. Quando sbarcano sulle nostre coste, se sbarcano,
vengono rinchiusi in centri di identificazione, in cui spesso cooperative
gestite da italiani, si garantiscono fondi per la gestione, che molte volte non
è dignitosa.
Queste
persone hanno trascorso nei loro paesi una vita senza diritti, vengono
sfruttati sia dal punto di vista lavorativo, psicologico, ma sono anche vittime
di abusi sessuali. Non hanno diritto allo studio, alla salute, non hanno
libertà di pensiero e di opinione; scappano da fame, guerre, dittature e molti
di loro vengono in Italia per far sì che i diritti vengano rispettati, ma molte
volte non è così. In Italia ci sono i caporali, capi di grandi aziende, che
ingaggiano irregolarmente questi uomini; sembra tutto regolare, ma non lo è;
perché ci sono giornate a nero che non vengono calcolate, stipendi che non sono
adeguati e obbligo di tacere, altrimenti iniziano le minacce.
Anche noi
italiani siamo vittime di questo sistema malavitoso, specialmente nelle nostre
campagne meridionali: ho letto la storia di una donna, una bracciante che che
veniva sfruttata lavorando fino a 14 ore al giorno, si chiamava Paola Clemente.
Lei è morta il 13 Luglio del 2015 sotto i tendoni di un terreno di Andria,
mentre lavorava ha avuto un malore e nessuno l’ha soccorsa per paura di avere
conseguenze sul proprio lavoro. Il marito, Stefano Arcuri, non si è arreso e ha
sporto denuncia; così sono iniziate le indagini e dopo circa due anni hanno
scoperto, attraverso la rottura del muro di silenzio da parte di alcuni
braccianti, che Paola Clemente lavorava per dei caporali ben organizzati.
Questo è uno
dei tanti esempi di una vita senza diritti. Per questo motivo, noi bambini e
ragazzi abbiano partecipato ad una manifestazione il 9 Ottobre del 2018;
c’erano bambini delle scuole elementari di Ostuni, che hanno presentato
cartelloni con disegni semplici ma significativi; noi ragazzi del plesso
“Barnaba-Bosco” abbiamo creato magliette con delle mani tese sulle onde del
mare, che ricordano le vittime morte in mare, oltre che disegni che
rappresentavano l’idea della fratellanza e della pace; infine i ragazzi delle
scuole superiori hanno sfilato con altri cartelloni con scritte di protesta
contro il razzismo. Il corteo si svolgeva lungo le vie cittadine e per
concludere si arrivava nel “Chiostro di San Francesco” in cui i ragazzi hanno
cantato, recitato e letto alcune poesie. Nel Chiostro c’erano alcuni uomini provenienti
dall’Africa centro-orientale, i quali avevano tanto da raccontare sulle loro
particolari storie.
Io nel mio
piccolo cerco e cercherò per sempre di combattere questa discriminazione, il
razzismo, perchè tutti gli uomini sono uguali e devono avere tutti gli stessi
diritti. Questo percorso mi ha insegnato tanto perchè io, prima di conoscere
questa lunga storia, ignoravo questa grave problematica.
Un’esperienza difficile, ma toccante
di Rebecca Pacifico
Cosa dire di
queste persone giunte da noi? Giovani e anziani che non vogliono rinunciare alla
propria vita, disposti a pagare enormi quantità di soldi per poi imbarcarsi su
dei piccoli gommoni stracolmi di persone: alcuni sbarcano, mentre altri muoiono
affogati.
Noi alunni della 2^N ci siamo interessati molto verso questo argomento,
approfondendo con ricerche ed entrando sempre di più nel discorso.
Anche io, come i miei compagni, mi sono interessata, rimanendo scioccata
soprattutto a sentire la cifra di persone morte in questo mare nostro.
In questa settimana abbiamo approfondito anche altre gravi situazioni, come
ad esempio il capolarato.
Il capolarato è il fenomeno delle persone maltrattate e sfruttate nei
campi, tra cui l’80% sono persone immigrate e il resto sono italiani.
Queste persone sono costrette a lavorare intere giornate sotto il sole
cocente, avendo in cambio pochi soldi. Questo fenomeno si verifica maggiormente
nell’Italia meridionale.
Poi abbiamo letto tutti gli articoli della Costituzione Italiana dall’1 al
23, parlandone insieme.
Dopo ancora abbiamo visto degli articoli di giornale e un film dal titolo
“Terraferma” che racconta la storia di una famiglia siciliana che vive in
un’isola ed ha pochi soldi. Il nonno era un pescatore e un giorno in mare
intravide una barca di persone provenienti dall’Africa. La legge del mare gli
impone di salvare la vita al maggior numero di persone, anche se sa che
incorrerà in un “reato”. Tra queste persone c’era una donna incinta e il suo
figlioletto di circa dieci anni. Li nascondono in casa loro e nel frattempo
cercano di lottare contro la povertà, offrendo la casa ai turisti a soli 25€ a
persona con in più un giro in barca. All’inizio erano un po’ combattuti, perchè
era illegale il favorimento dell’immigrazione clandestina; infatti,la polizia
sequestra loro la barca, l’unico mezzo di sostentamento. In questa famiglia
c’era un ragazzo che si innamorerà di una turista ospite nel loro appartamento
e prende la barca di nascosto per farle fare un giro di notte. Ma
all’improvviso si imbattono in un gommone di immigrati: a differenza del nonno,
però, il ragazzo non li fa salire a bordo e li lascia morire, mentre la ragazza
terrorizzata continuava a ripetergli di non farlo. Arrivati a riva essi
litigarono. Il giorno dopo la spiaggia si riempì di persone restituite dal mare
e per questo lui si pentì, perche sapeva che erano le persone che avfrebbe
potuto salvare la notte prima. Si riscatta alla fine, aiutando la donna
nascosta in casa a partire per Torino, dove avrebbe raggiunto il marito.
Lo scopo del film era farci riflettere sul tema del corteo per le vie di
Ostuni, l’accoglienza e il diritto alla mobilità, cui abbiamo partecipato
insieme a tutte le scuole della nostra città.
Io ho partecipato,indossando delle magliette preparate per l’occasione con
la proessoressa Asaciano di Arte: sopra avevamo dipinta una mano bianca che
emerge dal mare, rappresentando le vittime del Mediterraneo.
Alcuni di noi portavano in mano anche dei disegni.
Io inoltre ho partecipato ad una conferenza, in cui abbiamo discusso
abbiamo guardato un piccolo cortometraggio con delle testimonianze di abusi
sessuali a delle donne africane, albanesi e italiane che nel laboratorio hanno condiviso
esperienze, emozioni, solidarietà e amicizia..
Dopo ancora sono andata alla sfilata di abiti in cui sfilavano delle
ragazze con abiti tipici africani.
Se ci riflettiamo un po’, se andiamo all’estero, anche noi italiani
vogliamo godere del diritto alla mobilità e spero non ci venga mai negato,
perché molti di noi, una volta laureati, saremo costretti a migrare in altri
paesi.
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